La minaccia legata allo sviluppo di super batteri capaci di resistere al trattamento antibiotico va presa “con la massima attenzione”. Lo sottolinea l’Amcli (Associazione microbiologi clinici italiani), all’indomani dell’allarme suscitato dal batterio resistente a tutti gli antibiotici, isolato negli Usa. E non solo. “Entrerobatteri resistenti alla colistina sono stati, non raramente, isolati da diversi materiali biologici – affermano gli esperti – nei laboratori di microbiologia del nostro Paese nel corso degli ultimi due anni”.
“Non si tratta di escherichia coli, come nel caso americano – chiariscono – ma di klebsiella. L’allarme americano si inserisce quindi in una serie di appelli che microbiologi e infettivologi fanno ormai da molti anni, nella speranza che i governi recepiscano la gravità del fenomeno”. Secondo Amcli, “occorre agire non solo per accelerare la ricerca di nuove molecole, ma anche per migliorare la fase di diagnosi rapida e caratterizzazione dei batteri, permettendo così di avviare subito una terapia anche antibiotica davvero efficace”. E ancora, “è fondamentale proseguire negli sforzi intrapresi sia dal ministero della Salute sia dall’Aifa per far crescere la conoscenza e consapevolezza sul corretto utilizzo degli antibiotici da parte della popolazione”.
Si stima che ogni anno muoiano in Italia oltre 5.000 pazienti per complicanze legate a infezioni ospedaliere da super batteri non trattabili in modo risolutivo con antibiotici, poiché causate da batteri multiresistenti. In particolare, per Amcli è urgente indurre un cambiamento culturale immediato e profondo nella comunità medica che porti a un impiego realmente appropriato degli antibiotici; promuovere incentivi all’introduzione di terapie innovative in grado di far fronte ai ceppi batterici resistenti; finanziare la ricerca e introdurre il sistema ‘pay or play’, che comporta oneri finanziari aggiuntivi per le aziende che decidono di non investire in ricerca di nuovi antibiotici, e incentivi, invece, per qualsiasi nuovo farmaco antimicrobico portato con successo sul mercato; promuovere incentivi finanziari per lo sviluppo di nuovi test diagnostici che possano evitare la somministrazione inutile di antibiotici.
Se i medici potessero confermare istantaneamente se un’infezione è virale o batterica, molte prescrizioni inappropriate potrebbero essere evitate. Così come lo sviluppo di strumenti atti a favorire l’individuazione degli antibiotici più adatti a eradicare un’ infezione riuscirebbe a limitare la comparsa di ceppi resistenti.
Amcli sostiene il documento programmatico predisposto dal governo Inglese per promuovere un deciso impegno nella lotta all’antibiotico resistenza. “Si tratta di linee guida importanti, in parte già ampiamente condivise nel mondo della sanità italiana ed europea, ma anche relativamente nuove e che vediamo con molto favore. E’ la prima volta, infatti, che si inseriscono tra le iniziative importanti per controllare il fenomeno della resistenza batterica agli antibiotici non solo la necessità di sviluppare nuovi antibiotici ma anche nuovi test microbiologici. Siamo aperti a qualsiasi collaborazione in questo settore”, spiega Pierangelo Clerici, presidente Amcli e direttore dell’Unità operativa di Microbiologia Asst ovest milanese.
Secondo Maria Paola Landini, docente di Microbiologia e direttore della Microbiologa dell’area metropolitana di Bologna, “alcuni strumenti diagnostici che possono servire a rilevare la presenza dei super batteri, sarebbero già a disposizione dei microbiologi clinici, ma fanno fatica ad essere introdotti nella routine diagnostica, perché sono visti dalle direzioni ospedaliere come un costo aggiuntivo e non come un ‘risparmio’. Sarebbe importante, invece, che si ripensasse al peso diverso che si dovrebbe dare al processo di prevenzione e di diagnosi precoce, rispetto a quello – ora preponderante – della cura”.
Fine della conversazione in chat